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Saper dire di no e non sentirsi in colpa in 6 piccoli passi

saper dire di no e non sentirsi in colpa

Di frequente capita di sentirsi intrappolati in richieste che ci vengono rivolte: un invito a prender parte ad un’attività di poco interesse per noi, un caffè che proprio non ci va, un favore che ci pesa accontentare.

Di fronte a queste richieste, spesso il nostro primo pensiero è “Se dico di no, magari si offende!” e così assecondiamo quell’invito o quella richiesta, venendo però meno a ciò che davvero sarebbe stata la nostra più sincera volontà, ovvero rifiutare.

Non si tratta di declinare incondizionatamente qualsiasi richiesta ci venga rivolta, bensì di imparare a discriminare quelle che, più di altre, ci fanno sentire vincolati, a disagio nel rifiutarle, incastrati in una situazione che tolleriamo malvolentieri ma che, mossi da una buona dose di senso di colpa camuffato in “buona educazione”, tendiamo comunque ad accettare.

Riconoscere infatti ciò che sa farci sentire a nostro agio da ciò che invece percepiamo come subìto, è alla base di un comportamento Assertivo: l’Assertività è quella capacità di esprimere i propri sentimenti e bisogni, di scegliere come comportarsi in un determinato momento/contesto, di esprimere serenamente un’opinione di disaccordo quando lo si ritiene opportuno, di portare avanti le proprie idee e convinzioni rispettando, contemporaneamente, quelle degli altri.

Come fare dunque a DIRE DI NO senza che l’altro si offenda?

Anzitutto teniamo bene a mente che la preoccupazione che l’altro possa offendersi è un nostro prodotto e non una realtà oggettiva: siamo noi infatti a pensare che l’altro potrebbe rimanerci male o ferito, considerazione questa che, a volte, scaturisce più da una “previsione negativa” che da elementi oggettivi di realtà. Se infatti proviamo a metterci nei panni di colui che si vedrà declinato un invito, non necessariamente proveremo quei sentimenti di delusione o di risentimento che invece diamo per scontato che l’altro proverà.

  1. Decidiamo quando esser assertivi: nell’accettare o meno quell’invito, nel fare o no quel favore, nel dire o trattenere un proprio pensiero, sto davvero rispettando i miei bisogni? Se non dovessi agire, subendo così l’invadenza dell’altro, mi penalizzerei troppo? A cosa realmente andrei incontro esprimendomi con un rifiuto? Quali dunque le probabili conseguenze e rischi?
  1. Rivolgere direttamente all’interessato il rifiuto: spesso capita di delegare ad un intermediario il compito di render nota la nostra volontà rendendo così, ai nostri occhi, più “socialmente accettabile” il senso di colpa che proviamo; in realtà, proprio il mancato confronto di persona, potrebbe indispettire e risultare scortese.
  1. Evitare l’umorismo e l’ironia: attraverso queste infatti, l’obiettivo comunicativo non è mai esplicitato o condiviso con l’altro, piuttosto si suppone che l’altro abbia “letto tra le righe” ciò che veramente volevamo dire con quella battuta.
  1. Parlare di sé invece che dell’interlocutore: è bene iniziare il discorso partendo da ciò che noi pensiamo, crediamo e sentiamo rispetto alla proposta, invito o richiesta che il nostro interlocutore ci ha rivolto (esempio: “Io penso che…”, “La tua richiesta mi fa sentire…”, “Io sento che…”).

In questo modo sarà già chiaro al nostro interlocutore, il nostro intento di non giudicare o criticare quanto ci ha esposto, bensì di render a lui noto come quella richiesta ha fatto sentire noi, evitando così un infinito ping-pong di convincimento del contrario in quanto ognuno ha il diritto di esprimere proprie opinioni e sentimenti.

  1. Non scusarsi: questo è un gesto che spesso in queste situazioni viene del tutto spontaneo ma che, alla luce di quanto esposto fino ad ora, non ha motivo di esser messo in atto. In questo caso infatti, non avendo noi né giudicato né criticato nessuno, non abbiamo in alcun modo fatto uno sgarbo all’altro anzi, abbiamo semplicemente fatto presente come noi ci sentiamo e quali i nostri sentimenti a riguardo.
  1. Suggerire una soluzione realistica ed accettabile: è bene infatti che il nostro DIRE NO, sia poi accompagnato dalla proposta di soluzioni alternative che coniughino le necessità ed i sentimenti di ciascuno (ad esempio: “….potremmo invece…”)

Come ogni allenamento, anche cimentarsi in questo approccio all’Assertività richiede costanza, prove e tentativi, per meglio trovare la formula comunicativa che più sentiamo nostra, esattamente come un abito sartoriale.

A lungo termine infatti, la coerenza con se stessi permetterà una maggiore serenità nella relazione con sé e la chiarezza nei confronti degli altri consentirà la costruzione di rapporti interpersonali veritieri. Sarà inoltre possibile aumentare il senso di autoefficacia per aver raggiunto obiettivi desiderati ed una maggiore tolleranza alla frustrazione legata all’interloquire con persone aventi punti di vista differenti dal proprio.

Dott.ssa Cecilia Lombardini, Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale specializzata presso l’Istituto di Terapia Cognitivo e Comportamentale di Padova. Membro della Società Italiana Psicologia dell’Emergenza (S.i.p.e.m) e Cultore della materia presso la cattedra di “Teorie e tecniche della mediazione “, Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche psicologiche all’Università “Carlo Bo” di Urbino, altresì Practitioner Counseling riconosciuto dalla Società Italiana di Counseling (S.I.C.o) presso la Scuola di Counseling A.I.P.A.C. (Associazione Italiana di Psicologia Applicata e della Comunicazione) di Pesaro.

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