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Che cos’è il rimuginio desiderante?

In letteratura Il rimuginio desiderante è stato definito come “una strategia cognitiva consapevole e volontaria che coinvolge l’elaborazione di informazioni relative ad un oggetto o attività piacevoli in una forma immaginativa o verbale “(Caselli & Spada, 2010).

In altre parole possiamo considerare il rimuginio desiderante come un processo :

  • cognitivo (ha a che vedere con cosa facciamo con la nostra mente, ossia pensieri/immagini)
  • volontario (lo attiviamo noi e sempre noi decidiamo se portarlo avanti oppure interromperlo)
  • consapevole  (ce ne possiamo rendere conto, cioè lo possiamo guardare e oggettivare)
  • riguarda oggetti o attività piacevoli (ci troviamo a indugiare su cose, elementi, attività che per noi hanno una valenza positiva, pensiamo possano farci provare emozioni positive o appagare i nostri sensi/bisogni)
  • in una forma immaginativa (possiamo produrre immagini dell’oggetto desiderato o ricordare come il consumo dell’oggetto o lo svolgere quell’attività ci ha fatto star bene)
  • o verbale (possiamo dar vita anche ad un dialogo interno costituito da riflessioni/pensieri  volti a pianificare come raggiungere l’oggetto desiderato o scandagliare i motivi per cui concederselo).

Quali fattori sono coinvolti nel rimuginio desiderante?

Riguardo gli ultimi due punti (la forma immaginativa o verbale) sono stati  individuati due fattori implicati nel rimuginio desiderante: la prefigurazione immaginativa e la perseveranza verbale.

La prefigurazione immaginativa si riferisce ad un’elaborazione  multisensoriale di immagini mentali positive di natura anticipatoria o legate al recupero di ricordi piacevoli legati all’oggetto del desiderio o all’attività piacevole (Kavanagh, May, & Andrade, 2009).

La perseveranza verbale si caratterizza come un dialogo interno che mira a rintracciare delle valide ragioni per permettersi di cedere alle tentazioni , per pianificare le attività necessarie per ottenere l’oggetto desiderato o per riuscire a svolgere l’attività voluta (Caselli & Spada, 2011).

In altre parole possiamo immaginare in maniera molto vivida con tutti i nostri sensi come il consumo dell’oggetto/sostanza ci ha fatto stare in passato o ci permetterà di sentirci dopo la sua assunzione.

In più passeremo molto tempo con i nostri pensieri attorno all’oggetto desiderato.

Che pensieri facciamo quando siamo immersi in un rimuginio desiderante?

Facciamo un esempio  dei pensieri che potrebbero caratterizzare il rimuginio desiderante di un uomo che sta cercando di smettere di bere:

“Un’altra birra? ma sì perché no, oggi è stata davvero una giornataccia! però … se lo faccio … poi magari non riesco a fermarmi … però …  mi riprometto … una sola … però così  tradirei la promessa fatta alla mia ragazza … però del resto …  solo una volta … poi  giuro … torno a casa … però se lo faccio tradisco la sua fiducia … ma oggi non ce la faccio proprio a resistere … lei non lo saprebbe mai … sono proprio un debole però … una birra potrebbe aiutarmi … ” e così via …

Ci troviamo così incastrati in un intreccio di pensieri, dubbi, oscillazioni, tra i motivi per cui dovremmo cedere e quelli  per cui dovremmo  resistere. Dobbiamo poi sottolineare  che il rimuginio desiderante consuma molte energie mentali. Quando avviene ciò ci sentiremo “più stanchi”. Più ci sentiremo stanchi più sarà facile perdere il controllo sul proprio comportamento. Non sorprende come,  così come sottolineato dalle ricerche, il rimuginio desiderante sia spesso implicato nella decisione di assumere  sostanze in soggetti che cercavano l’astinenza  o nel dar vita ad episodi di abbuffate compulsive.

In cosa si differenzia rispetto alle altre forme di rimuginio?

Il rimuginio desiderante condivide alcune caratteristiche con le altre forme di rimuginio:

  • l’attenzione focalizzata su di sé (mentre rimuginiamo sull’oggetto/attività disiderata restiamo chiusi nella nostra mente e saremo meno recettivi agli stimoli esterni)
  • una natura perseverativa e ricorrente (è un meccanismo che può attivarsi spesso e più e più volte)
  • bassi livelli di consapevolezza ( siamo poco cosci di quando si attiva e soprattutto della sua volontaria attivazione).

 Tuttavia possiede anche caratteristiche particolari quali:

  • una forte componente immaginativa di natura multisensoriale (mentre rimuginiamo e desideriamo cibo o sostanze lo faremo attivando più sensi)
  • comporta dei risvolti emotivi e comportamentali diversi rispetto a quelli del rimuginio ansioso o della ruminazione depressiva generando una propensione all’azione(mi muovo per ottenere l’oggetto desiderato)piuttosto che all’evitamento.

Rimuginio desiderante e craving

Il rimuginio desiderante è spesso associato al craving. Quest’ultimo può essere definito come un’esperienza soggettiva di desiderio intenso e incontrollabile nei confronti di un’oggetto o un’attività al fine di ottenere gli effetti disiderati (Marlatt, 1978). Il craving è presente nel DSM 5 (2013) fra i criteri per fare diagnosi di dipendenza patologica da sostanze e da comportamenti.

Il rimuginio desiderante è un’esperienza vissuta in maniera molto simile in soggetti che si trovavano a desiderate cose diverse ( cibo, alcool, fumo). Si attiva durante episodi di craving in soggetti che abusano di alcool, con problemi di dipendenza dal gioco e nei fumatori (Caselli & Spada, 2010).

Il rimuginio desiderante è coinvolto anche nell’escalation del craving nelle dipendenze patologiche.

Molte ricerche hanno dimostrato che pensare a ciò che si desidera è strettamente correlato all’esperienza di craving (Green, Rogers & Elliman, 2000) e induce cambiamenti psicofisiologici simili a quelli indotti dall’esperienza diretta dell’oggetto desiderato .

Il messaggio chiave

Come abbiamo visto il rimuginio desiderante ha degli effetti  decisivi sul craving e sulla conseguente messa in atto di comportamenti e azioni per assumere/raggiungere l’oggetto o l’attività desiderata.

Conoscere questo meccanismo ci permette di comprendere come questo possa avere delle gravi ripercussioni sul nostro benessere psicofisico.

In primis in tutti quei casi i cui ci troviamo a “lottare” con oggetti/sostanze/attività che compromettono la nostra salute (cibo, fumo, droga, gioco).

Capire il meccanismo, oggettivarlo e mettere in campo delle strategie adeguate per disinnescarlo sono i passi necessari per liberarsene. Passi che possono essere appresi e messi in atto all’interno di un percorso di terapia cognitivo-comportamentale.

Dott.ssa Elisa Petetta, psicologa clinica (O.P.M. n.2986) e psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale.  Laureata cum laude all’Università di Bologna,  laureata in Scienze della comunicazione cum laude presso l’ateneo di Macerata.

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